Qualche giorno fa è stata scoperta una nuova funzionalità di iOS 14.5, la più recente (ed attualmente in beta) versione del sistema operativo mobile di Apple. Ad una prima occhiata, pare si tratti di un normale aggiustamento grafico: la Mela ha scelto di sostituire il classico bottone “subscribe” che accompagna i podcast contenuti sulla piattaforma di Cupertino con un nuovo tasto, chiamato “follow”. La decisione è stata presa per via del fatto che in molti, tra gli utenti che non usufruiscono dei podcast, collegano la parola subscribe ad un servizio a pagamento, come descritto da uno studio di Tom Webster ed Edison Research.
Ma c’è di più. Vista la grande crescita dei podcast (Business Insider stima che il mercato raggiungerà il miliardo di dollari di valore nell’anno corrente) e l’affermazione di concorrenti nel settore come Amazon o Spotify, Apple sta pensando di convincere i creator del ramo ad approdare verso i lidi californiani con un servizio premium in abbonamento. Una scelta dovuta ai notevoli sviluppi del mercato dei servizi subscription based.
Se stai leggendo questa pagina probabilmente significa che, come noi, hai testato o utilizzi abitualmente dei servizi in abbonamento, come Netflix o Spotify. Queste due piattaforme non sono altro che la punta dell’iceberg dell’universo delle sottoscrizioni, un modello di business sempre più digitale che sta cambiando il nostro rapporto con i beni che utilizziamo quotidianamente.
I nostri parenti portano con sé l’eredità del comprare un bene per poi farlo durare tutta la vita, pagandolo una ed una sola volta. Quante volte avrai sentito la frase “acquista un buon oggetto di qualità e starai a posto per sempre”? Con questo consiglio si suggerisce di compiere un investimento, da ammortizzare durante il lungo periodo di futuro utilizzo. Ma ciò non accade più con la stessa frequenza di prima e sempre più aziende stanno aprendosi al mondo dell’ “as a service”: propongono di cedere il proprio bene/servizio dietro pagamento di una quota mensile, nettamente ridotta al prezzo intero da pagare eventualmente per ottenerlo definitivamente e in molti stanno persino iniziando ad escludere dai propri listini le transazioni una tantum.
Il modello delle subscription è profondamente diverso rispetto al solito sistema di compravendita, per i seguenti motivi:
Un elemento da ottimizzare al meglio è il prezzo del bene/servizio: di solito, per incontrare le esigenze del cliente nel migliore dei modi, vengono offerti diversi piani dal costo e dalle feature incluse differenti. Il ventaglio di opportunità offerte varia da azienda ad azienda, da servizio a servizio. C’è chi si concentra su pochi best seller (come Spotify e il suo classico abbonamento, declinato in pochi piani familiari) e chi si dedica alla personalizzazione approfondita.
Naturalmente, è importante anche acquisire dei clienti, prima ancora di pensare di fidelizzarli. Con il modello di business delle subscription, la via più facile per rendere invitante la propria offerta sembra essere quella di proporre una prova gratuita di un mese o di qualche settimana, strategia che pare funzionare pienamente, come dimostrato da uno studio di Recurly in cui viene dimostrato che il tasso di conversione medio ottenuto successivamente ad una prova gratuita è del 60%. Inoltre, si potrebbe pensare di fornire ai propri clienti più affezionati un codice sconto da inviare a qualche loro conoscente eventualmente interessato. In tal modo il word of mouth indossa una nuova veste, tutta digitale.
Il servizio clienti è fondamentale, come in qualsiasi altro tipo di scambio commerciale. In questo caso particolare va posta dettagliata attenzione all’accompagnamento del cliente, facendo sentire la propria presenza, ma senza esagerare. Sarebbe l’ideale includere un metodo semplice di cancellazione della subscription, così che l’utente si senta libero e le sue esigenze considerate. Ma con un bene/servizio di qualità, nessuno avrà mai il bisogno di cliccare su quei pulsanti.
Come anticipato precedentemente, il roster di beni e servizi venduti (se così possiamo dire) con questa modalità è molto ampio e variegato, di seguito vengono riportati degli esempi salienti.
Inoltre, il modello di business delle subscription viene sempre di più apprezzato, negli ultimi tempi, nel mondo dei creator, che lo utilizzano per aumentare le proprie entrate e diversificare il servizio fornito. Sono anche nate delle vere e proprie piattaforme focalizzate nel fornire un posto ai creator dove basare la loro intera proposta di valore o semplicemente proporre un servizio extra, premium.
L’esempio più famoso è Patreon, un’azienda che verso la fine dello scorso anno ha raggiunto un valore che supera il miliardo di dollari; di recente Twitter ha annunciato la sua nuova feature, denominata Super Follower, che consente agli utenti di far pagare ai propri follower una quota periodica per accedere ai propri tweet e/o a contenuti aggiuntivi.
Senza dimenticare che siti già ben affermati come YouTube e Twitch (a proposito, hai già letto i nostri articoli dedicati ad essi? Li trovi qui e qui) offrono la possibilità di creare degli abbonamenti premium ai vari canali presenti.
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