Podcast Advertising: il twist audio delle tue campagne digital

Un mercato che cresce del 24,6% ogni anno - Check, 1–2–3 #AudioWeek
14 aprile 2021

 

Che invenzione affascinante i podcast, vero?
Sicuramente, come noi, sarai un/una loro appassionato/a. Se ancora non hai dato loro una chance, ti consigliamo di rimediare: ce ne sono per tutti i gusti e stanno affermandosi sempre di più come un redditizio canale di comunicazione digitale.

Segnali promettenti

Una ricerca di Businesswire della fine dello scorso anno prevede che le dimensioni del mercato dei podcast raggiungeranno e supereranno i 40 miliardi di dollari nel 2026. Grandi numeri del genere vengono seguiti da notevoli cifre relativa alla spesa in advertising, che nel 2020 si è spinta verso gli 800 milioni di dollari, informazione ottenuta da Forbes. Sempre quest’ultima testata rivela che il numero di trasmissioni è cresciuto esponenzialmente negli ultimi mesi, arrivando quasi a toccare i due milioni di show unici e a superare i quaranta milioni di episodi. Una mano a questo sviluppo è stata data dalla pandemia e dalle misure restrittive anti-contagio, che hanno spinto numerosi creator in tutto il mondo a far sentire la propria voce e a destreggiarsi nello storytelling.

Per un’ultima volta Forbes segnala che una delle attrattive principali per gli addetti di marketing che si approcciano ai podcast è il tipo di pubblico attratto da essi, una platea sempre più giovane: la media si attesta sui 34 anni e durante l’anno appena trascorso vi è stato un aumento del 49% della quantità di nuovi utenti appartenenti alla fascia compresa tra i 12 e i 34 anni.

Ma le notizie positive non si fermano qui.
L’edizione 2020 del report Super Listener di Edison Research, Podcast One e Ad Results media, che si basa su interviste effettuate ad utenti definiti — appunto — super listeners(trattasi di ascoltatori che usufruiscono di almeno cinque podcast e/o 10.5 ore ascoltate alla settimana) è statarilasciata a dicembre dell’anno appena trascorso e porta ulteriore luce su questo fiorente mercato digitale. La metà dei super listener pensa che inserire degli ad in un podcast sia per i vari brand il modo migliore di raggiungere gli utenti, in particolare se si tratta di un testo/copy recitato dallo speaker di turno (esistono vari tipi di ad in questo settore, ne parleremo tra poco); è in crescita (dal 46% al 54%) la percentuale di essi che afferma che l’ascolto di uno spot audio proveniente da un podcast rende più propensi all’acquisto di un prodotto o servizio, in confronto ad altre tipologie di pubblicità; infine, aumenta la quantità di persone (dal 44% al 48%) che ammette di prestare più attenzione a questo tipo di advertising, rispetto ad altre proposte su media diversi.

I ricavi provenienti dal mercato dei podcast dovrebbero raggiungere il milione di dollari. Fonte

La ciliegina su questa torta di dati è composta da due ulteriori statistiche: secondo WARC il 78% degli ascoltatori di un podcast accetta di buon grado l’ascolto di qualche spot pubblicitario, perché in tal modo si supporta il contenuto di cui si sta usufruendo; la seconda statistica arriva da NPR e ci mostra come il 75% degli utenti in ascolto sia invogliato a “fare qualcosa” (traduzione di to take action) dopo aver incontrato un audio ad nel mezzo del proprio show preferito.

Dimmi come..

Le modalità per raggiungere un pubblico dal livello di engagement così elevato sono variegate e diverse. In primis bisogna effettuare una distinzione tra gli host-read ad da quelli inseriti in maniera dinamica all’interno della trasmissione.
I primi sono composti da un copy letto dal presentatore/dalla presentatrice del podcast: il messaggio pubblicitario entra a far parte del copione dell’episodio, viene recitato ed inglobato nel flusso del discorso — consentendo anche di integrarlo in maniera originale ed adatta al tone of voice della trasmissione — e sembra essere quello maggiormente consigliato, in quanto gli ad sono recepiti meglio se narrati da una voce familiare, reale e genuina. Di solito derivano da classici accordi di sponsorizzazione tra l’azienda e il creator.
I secondi sono basati su messaggi pre-registrati, come nelle più classiche forme di advertising. Durante lo show avviene un break pubblicitario e vengono mandati in onda gli spot del caso. Questa modalità è ideale nel momento in cui il creator è parte di un network di podcast che si assume il compito di negoziare gli accordi di advertising con le varie aziende. Questa modalità, in combo con la presenza del sopracitato network, è l’ideale nell’eventualità in cui sia necessaria una certa dinamicità nella promozione di un determinato prodotto o servizio, come nel caso di sconti temporanei, offerte di prove gratuite, eventi particolari. Guadagna quindi in flessibilità ed immediatezza rispetto agli ad host-read ma potrebbe non essere consigliabile nel momento in cui si ricorda che interrompono il flow della trasmissione e sono recitati da una voce diversa da quella dello speaker.

Negli ultimi anni i due diversi tipi di audio ad si sono divisi in maniera quasi equa la scena. Fonte

..e quando

Un altro nodo da sciogliere è quello che riguarda la scelta del momento in cui inserire lo spot, che dipende ovviamente anche dal tipo di audio ad selezionato tra le due categorie presentate qui sopra.
Le possibilità sono tre: posizionare il contenuto pubblicitario all’inizio (pre-roll ad), nel mezzo dello show (mid-roll ad) oppure alla fine di esso (post-roll ad). Incastonare l’advertising all’inizio o alla fine della trasmissione non interrompe lo scorrimento della discussione, ma presta il fianco alla pressione del tasto skip in avanti da parte degli utenti, soprattutto nel momento in cui l’estratto promozionale viene collocato al termine del podcast. Pensare ad un posizionamento nel mezzo potrebbe essere una decisione dal margine d’errore minore, ma non va dimenticato che per generare engagement in maniera frictionless lo spot va amalgamato in maniera scorrevole nella trasmissione.. e qui si torna al contrasto tra scelte esposto in precedenza.

Il podcast advertising può ricevere anche aiuti esterni: un audio ad potrebbe rimandare ad una landing page, ad esempio. Oppure, sono in molti i creator a pubblicare una doppia versione del proprio podcast, una video + audio su YouTube ed una esclusivamente audio (estratto dal video) su Spreaker o Spotify. Si tratta di utilizzare delle espansioni, se così possiamo definirle, per diversificare la propria offerta e puntare ad un approccio multichannel. Senza dimenticare che le possibilità di tracking dell’andamento delle proprie campagne aumenta così in maniera considerevole.

Rappresentazione grafica e stilizzata dell’Audience Network di Spotify. Fonte

I podcast sono uno strumento comunicativo potente, dalle numerose potenzialità e non sorprende che numerosi colossi del tech si stiano interessando ad approfondire il discorso. Tra questi c’è Apple, le cui mosse in direzione del mercato dei podcast sono state citate nel nostro articolo sulla Subscription Economy (linkato qui) e Spotify, che è arrivata alla creazione di un vero e proprio marketplace dell’advertising, chiamato Audience Network e una piattaforma dedicata, che porta il nome di Ad Studio.
Ma di quest’ultima ne parleremo tra pochi giorni.

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