“I bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano”
Che sia attribuita a Pablo Picasso, Igor Stravinskij o Steve Jobs — o a nessuno dei tre, in quanto non è mai stato possibile attribuire definitivamente la paternità della citazione a nessuno dei personaggi appena citati — abbiamo ascoltato e letto questa celebre affermazione numerose volte. Essa non è un’ode al plagio, quanto al lasciarsi ispirare dalle migliori idee pensate dalla concorrenza (e non) per poi introdurle all’interno del proprio progetto.
Integrare questo motto all’interno del proprio mindset inventivo costituisce spesso e volentieri lo stimolo per superare una situazione di empasse creativa e molti team di sviluppo/growth di tanti colossi della scena digital mondiale non si fanno il minimo problema ad usufruirne in maniera abbondante.
L’avvento dei social network a metà dei primi 10 anni 2000 e la mobile app revolution avviata da iPhone e il suo App Store nel 2008 hanno dato vita ad una vera e propria guerra senza frontiere tra servizi social, che nel 2021 si contendono lo scettro di miglior piattaforma in cui condurre delle campagne di digital marketing.
Dal desiderio di primeggiare è nato un vero e proprio valzer di “furti” di feature tra una piattaforma e l’altra. Il più famoso è forse quello compiuto da tutti i servizi del gruppo Facebook ai danni di Snapchat: dopo aver tentato l’acquisizione di quest’ultima, Mark Zuckerberg ha deciso di introdurre il quid in più del social del fantasmino, gli snap, all’interno delle proprie piattaforme. Così sono nate le storie, oramai una parte fondamentale di Instagram e un’aggiunta gradita dagli utenti anche su Facebook e Whatsapp. Snapchat ha dovuto accontentarsi di un posto nelle retrovie, nonostante al giorno d’oggi non se la passi così male, con 250 milioni di utenti attivi e una crescita del 450% del prezzo delle azioni dall’inizio della pandemia da Covid-19.
Il gruppo Facebook non ha placato la propria sete di ispirazione e ha deciso di colpire le due più recenti stelle del panorama social, Clubhouse e Tik Tok. Mentre la prima pare essere sul viale di un precoce tramonto, la seconda è in grande crescita e può vantare numeri interessanti, come i circa due miliardi di installazioni e il secondo posto nella classifica delle app più scaricate su iPhone nel 2020. Il team di Menlo Park ha realizzato le Live Audio Rooms di Facebook per contrastare Clubhouse e i Reels di Instagram per dare battaglia a Tik Tok: vale la pena focalizzare la nostra attenzione sui secondi, che altro non sono che una vera e propria copia 1:1 degli short video portati in auge dal social network cinese. Il visual social numero 1 al mondo punta a diventare la piattaforma definitiva e comprensiva di qualsiasi funzionalità che un utente possa desiderare, dalla normale condivisione di immagini allo shopping, passando per il blogging e terminando con i video brevi resi famosi dalla terra della Grande Muraglia.
Se fin’ora Instagram ha condotto battaglie vinte con relativa facilità, quella con la creazione di ByteDance non sembra essere destinata a risolversi in fretta e in maniera piacevole. Tik Tok è infatti, di già, un colosso da 700 milioni di utenti attivi (a gennaio 2021), in grado di diventare sponsor di eventi e organizzazioni di rilevanza mondiale — gli ultimi due casi salienti sono Euro 2020 e la divisione F1 di Aston Martin — e, come già detto, di avere di fronte a sé una traiettoria in netta crescita alimentata dall’introduzione di nuove funzionalità, come la nuova lunghezza massima dei video (tre minuti) e i Tik Tok Resume, veri e propri curriculum vitae in formato video disponibili per ora solo negli Stati Uniti ed utilizzati non solo da quest’ultima azienda, ma già adottati da altre company. È una piattaforma che impensierisce i competitor e ciò lo si osserva anche dall’ultima feature aggiunta da Google nell’ecosistema di YouTube, gli Shorts. Cosa sono? Indovinato, brevi video con una lunghezza compresa tra 15 e 60 secondi. Disponibili in beta da tempo, solo lo scorso 26 giugno sono stati lanciati (accompagnati dalla loro suite di creazione) in via ufficiale per l’intera platea di utenti del servizio di video streaming.
Questi attacchi e contrattacchi stanno producendo una vera e propria omogeneizzazione delle piattaforme social, processo che dà adito ad una serie di riflessioni sulla scelta dei migliori touchpoint da inserire all’interno di una digital strategy e le sinergie che si vengono a creare tra essi.
Siamo tutti immersi e fluttuanti in un’era di sovrastimolazione, in cui persiste ancora il consiglio di assicurare la propria presenza in più punti di contatto possibili, data la grande disponibilità di chance offerte, non discernendo quali possono essere davvero efficienti a scapito di quelli da lasciare indietro. La base di una corretta digital strategy è invece l’oculata scelta delle occasioni migliori in cui incontrare la propria audience, preda del messy middle, uno spazio composto da informazioni e scelte illimitate in cui sguazzano i futuri acquirenti/fruitori di un prodotto/servizio, in un loop di pensieri e riflessioni sul giusto esborso da effettuare tendente all’infinito.
Con l’amichevole scambio di feature tra una piattaforma e l’altra di cui abbiamo parlato nella prima parte di questo articolo viene sempre di più neutralizzato qualsiasi grado di separazione tra un social e l’altro e si assiste ad un processo di overlapping: ogni touchpoint tende ad essere uguale al vicino e a perdere il titolo di opportunità da sfruttare in maniera sinergica. Una situazione inquietante, in grado di incutere timore ad ogni squadra di strategist, che per ora non sembra destinata a trasformarsi in una realtà da poter toccare con mano. Infatti, nonostante queste strizzate d’occhio alle funzionalità dei competitor, possiamo affermare che l’anima di ogni piattaforma social continua a conservarsi e ad essere il motivo principale per sceglierne solo alcune nella creazione di una strategia. Instagram continua ad essere la terra regina dell’imaging, YouTube è il mezzo migliore per realizzare campagne di video marketing, Tik Tok ha conquistato una sua importante fetta di mercato diventando un posto felice in cui concedersi un attimo di spensieratezza con video brevi, da snocciolare uno dopo l’altro, con un’audience assolutamente unica nel panorama dei social network.
Ma fino a quando potremo affermare con sicurezza questa consapevolezza?
Per ora, tutti i touchpoint continuano ad essere adatti ad un determinato target e a tipi di contenuto diversi, ma il fantasma dell’overlapping provocato dalla guerra delle feature attende dietro l’angolo di poter saltare fuori e complicare ogni tipo di strategia digitale. Vedremo come muteranno le nostre campagne in base al tipo di guerra che sceglieranno di condurre i colossi del social networking, divisi tra il prendere ispirazione dal meglio e tentare strade non battute.
Ti sei mai ritrovato/a ad utilizzare le stesse feature su più social network con soddisfazione? L’overlapping causa familiarità o confusione? Raccontaci la tua opinione sui nostri canali social!