Durante i primi anni di vita del social network — prima indipendente, dal 2012 punta di diamante del gruppo Facebook a seguito di una faraonica operazione di acquisto culminata nel versamento di un miliardo di dollari — i post venivano mostrati in ordine cronologico e non vi era alcuna necessità di pianificare minuziosamente piani strategici per sorprendere un algoritmo imprevedibile. Poi, nel 2016, la svolta: il team della piattaforma arriva a stimare che ogni utente perde circa il 70% dei post del proprio feed — e la metà delle pubblicazioni delle persone più vicine — per via dell’ordine cronologico. Da qui nasce la creazione dell’ormai famoso algoritmo, ideato per portare all’attenzione degli utenti solo e solamente i post di loro interesse.
Sin dal suo approdo nel codice dell’applicazione, la domanda è sempre stata la medesima: come funziona?
Un tentativo di risposta a tale quesito arriva da Adam Mosseri, CEO del social network visuale più famoso di sempre. Nel suo ultimo blog post, Mosseri cerca di far luce su quello che per molti lavoratori dell’universo digitale è un vero e proprio nemico invisibile, ostico da comprendere e affrontare. L’amministratore delegato di Instagram dà il la all’articolo riconoscendo la difficoltà con cui numerosi utenti entrano in contatto con la piattaforma, anche perché, secondo le sue parole
..Sappiamo di poter fare qualcosa in più per far comprendere meglio il nostro lavoro alle persone.
e il testo è il primo di una serie di pubblicazioni mirate a far conoscere meglio il funzionamento del social network. In esso vengono poi sviscerate una serie di indicazioni che svelano i meccanismi di azione delle sezioni più famose dell’app (e ormai sito, si attende la possibilità di pubblicare contenuti anche da desktop a breve, direttamente dalla webpage oltre che da Creator Studio), cioè il Feed e le Storie, Esplora e i Reels. Queste, si legge, non condividono l’utilizzo di un unico, singolo algoritmo superpotente, ma vengono fine-tuned una per una, in quanto ognuna di esse va a svolgere una funzione precisa all’interno dell’ecosistema del servizio.
Queste due sezioni sono dedicate ai contenuti recenti prodotti dai profili che ci sono più vicini, quelli che abbiamo scelto di seguire. Per ordinare i post compresi in queste due parti, l’algoritmo ad esse dedicato analizza i profili che li hanno pubblicati, quali sono le loro caratteristiche (è un’immagine? Un video? Un carosello? Quando è stata/o postata/o? Ci sono dei tag?) e la loro performance, cioè la quantità di interazioni che gli utenti hanno compiuto con essi. A questi insight l’algoritmo unisce la lista delle azioni che abbiamo realizzato con tali profili e al di fuori di essi. Dopo aver analizzato questa enorme mole di dati, il codice di Instagram ci restituisce le due sezioni ordinate secondo i nostri interessi.
Il meccanismo, inoltre, punta a non mostrare più post della stessa persona in una singola scrollata di contenuti. Mosseri precisa che la piattaforma si riserva la possibilità di rimuovere contenuti che violano le Community Guidelines che governano il social network e che, nel caso in cui tale azione venisse reiterata, potrebbe essere conferita una sospensione dell’account. Con queste parole il CEO ha voluto sottolineare che il famigerato shadowban (una fantomatica punizione data a determinati account in base a criteri fumosi e poco delineati) altro non è che una semplice diceria, alimentata comunque — come espresso dall’amministratore delegato — dalla mancanza di chiarezza da parte di Instagram nell’informare sul suo funzionamento. Viene fatto esplicito riferimento alla possibilità di fare ricorso, in quanto il sistema per forze di cose è in grado di compiere degli errori ogni tanto.
Questa sezione è dedicata allo scoprire nuovi contenuti e profili interessanti da seguire. Le informazioni analizzate dall’algoritmo Esplora sono pressoché simili a quelle toccate con mano dall’algoritmo Feed e Storie e i post verranno sempre ordinati in base al grado di interesse che Instagram pensa che un utente possa provare verso questa o quell’altra pubblicazione. L’ovvia differenza è che qui si ritroverà un vero e proprio fiume infinito di contenuti, una griglia di foto e video con il quale trascorrere molto tempo.
Dato che l’utente non sceglie i profili visualizzati nella sezione esplora, le regole relative alle Community Guidelines sono ancora più stringenti e comprendono una serie di Recommendations, che includono, ad esempio, ogni tipo di tentativo atto al mostrare contenuti relativi agli alcolici o al tabacco.
Quest’ultima parte è la più recente del lotto ed è dedicata ai brevi video dalla durata massima di 60 secondi che stanno spopolando in questo periodo storico (presi in prestito da TikTok). L’algoritmo specifico della sezione mira a proporre all’utente contenuti che quest’ultimo potrebbe trovare divertenti. Anche qui vengono incluse le limitazioni e le regole rinforzate che trovano posto nella sezione Esplora, con ulteriori aggiunte: Instagram consiglia di evitare i Reel girati in bassa risoluzione, quelli che recano un watermark (suggerimento chiaramente rivolto ad evitare qualsiasi riferimento alla piattaforma di ByteDance) e i mini-video a tema political.
L’articolo di Mosseri si conclude con delle tips relative ai modi in cui noi utenti possiamo modificare l’attivtà degli algoritmi. Azioni come la creazione di una lista degli “Amici più stretti”, mutare account dei quali non si desidera vedere le pubblicazioni (pur continuando a seguirli) o fare tap su non mi interessa quando si visualizza un’inserzione possono aiutare a ricalibrare il funzionamento degli algoritmi.
Dato lo scenario delineato dal blog post di Mosseri, diviene ancora più opportuno ricordare quanto una campagna di advertising su Instagram sia imprescindibile nella sfera comunicativa digitale di un’azienda, di qualsiasi tipo essa sia. Il campo di movimento descritto dai comportamenti dei sopracitati algoritmi può essere difficile da approcciare e denota una serie di limiti organici posti di fronte il raggiungimento di sempre più nutrite fette di audience.
I limiti possono (e devono) essere superati con adeguati piani editoriali, focalizzati all’engagement e al reach dell’utenza interessata. Ciononostante, la ricchezza dell’advertising su Instagram risiede nel fatto che esso consente ad un’azienda di farsi trovare — dagli utenti targetizzati, s’intende— con il proprio prodotto e/o servizio nelle sezioni Feed e Storie, il playground preferito dall’utenza del social media ed evitare di affidarsi alla benevolenza dell’algoritmo relativo alla sezione Esplora.
Cosa ne pensi della modalità di azione degli algoritmi di Instagram? Vorresti un ritorno dell’ordine cronologico o preferisci la gestione attuale? Raccontaci la tua opinione sui nostri canali social.